Protagonista della tela è Giuditta, eroina biblica e simbolo della virtù che trionfa sulla brutalità. In una mano regge la testa recisa di Oloferne, nell'altra la spada usata per decapitare il generale assiro. Lo sguardo è rivolto verso l'alto, quasi a ringraziare Dio. La scena, bilanciata dall'apertura sul cielo notturno, è dominata dalla massa luminosa della donna contro la penombra sullo sfondo. Dopo il contratto sfumato con Pompeo Batoni, il più celebre pittore di storia nella Roma del Settecento, i deputati del Luogo Pio Colleoni affidarono il dipinto ad Antonio Concioli, suo miglior allievo. La commissione prevedeva la realizzazione di due tele. La prima, quella di Giuditta, fu consegnata nel 1787 ma non ottenne il favore degli esperti bergamaschi. Forse per questo il secondo dipinto fu affidato ad Angelica Kauffmann. L'imponenza scultorea della figura di Giuditta evidenzia come lo stile di Concioli, ancora influenzato da Batoni, cominci a volgere deciso verso il Neoclassicismo.
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